Ritorno etiopia

Ritorno dall’Etiopia

Si torna a casa
E la parola risuona dolce come le comodità in cui possiamo risprofondare
L’aereo vola veloce, sorvola deserto e ritorna nella cosidetta civiltà, quella che assorbe le risorse degli altri, quella che fa del proprio piacere lo scopo del lavoro o sfruttamento di altri
Si torna a casa
E si cancella il dolore degli altri, le sofferenze dei genitori, la sofferenza di migliaia di persone e bambini
Si torna nella nostra casa, costruita nel tempo dai Genitori, dai Nonni, dagli Avi, in pietra, riscaldata, raffreddata, illuminata, verniciata, arredata, senza odori molesti di uomini o animali, senza galline o pulci
Si torna nella casa, nel lavoro, nella quotidianità nostra, accettando come ineluttabile il fatto che esistano bambine e donne che camminano con 20-30 kg di legna curve, piegate o piagate per ore e ore, che molti/troppi bambini siano malnutriti, sporchi pieni di mosche, analfabeti e senza futuro.
Si torna e si accetta
C’è un destino, beati coloro che sanno attendere e morire e se un piccolo sentimento di ingiustizia ci prende, copriamolo, nascondiamolo subito con tutti i nostri impegni. Adesso che siamo a casa, poltrona, piaceri della tavola e oppio televisivo non vogliamo ricordare chi per casa ha un tukul e l’acqua la va a prendere con taniche di plastica a fasce orarie e la legna la raccoglie e trasporta per chilometri.
Si è tornati a casa
Cambierà poco per decenni, ma la collusione il non vedere non è giusto. Si è prigionieri delle cose che si possiede e noi ci siamo ingabbiati, incarcerati, forse non vogliamo uscire di casa non dovremmo avere paura possiamo anche fare piccoli passi e gli incontri possono essere piacevoli e sereni, minuti o immensi, perchè questa, la vita è forse l’unica cosa che abbiamo.

Etiopia Wolisso Ambulatorio

Anche se abbiamo cambiato anno e cambiato ora, mi sento uguale, eppure non è uguale/usuale per me vedere psicotici legati a terra, neonati in improponibili termoculle, bambini avvolti in stracci sporchi a strati immersi in urine e feci. Che importa se cattolici, ortodossi o mussulmani
La povertà, lo sporco li unisce.
Dall’ospedale al tukul
Hanno bei denti le donne, hanno tre figli a venti anni le nonne appaiono solo se i genitori sono morti di AIDS
I bimbi presto li raggiungeranno e se il ciuffo di capelli al vertice li aiuterà potranno andare in cielo. All’alba la voce gracchiante del muezin ricorda le preghiere, presto il cinquettare degli uccelli fa dimenticare la sua voce. Alle 6 (ore zero dell’orologio etiope) comincia la vita, davanti all’ospedale si accalcano malati, anziani (forse lo sembrano solo) donne con bambini fasciati, il cui pianto viene zittito con un seno lungo che riesce a scivolare e muoversi trai vestiti fino alla loro bocca. Poi ti abitui
Il giorno passa, alle 19 (ore 13 orologio etiope) la vita continua, ma piano piano si spegne. Non si sentono più i campanelli dei cavalli dei carretti (gari) che con 3 birr ti portano in giro
Fuori dal paese non cè un trattore. Ho visto il centro di salute e sono stato partecipe di vaccinazioni orali dentro a tukul, segnati poi dal gessetto bianco
Ho visto centri scolastici (save the children USA) in muratura (e non cicca: terra, paglia e merda) con bambini obbedienti e silenziosi, pronti a ridere davanti a due bolle di sapone
Ho visto la gioia di un giocattolo, di un frisbi
Ed il dolore di un figlio piccolo, piccolo e magro lasciato andare a casa a morire, senza capire il perchè, il perchè è morto ed il perchè esiste un posto in cui gli uomini appaiono uguali, ma vivono nel tukul insieme agli animali, tukul affumicati in cui non sopravvivono neppure le pulci. Ho visto cose note
Ho visto la rai filmare l’ospedale, ho visto la rassegnazione del personale sanitario ed ho avuto paura di rassegnarmi anche io. E forse l’ho già fatto, accettando con quel senso del destino o della fortuna che ci fa dire “siamo diversi”
Loro sono abituati a non lavarsi, non hanno acqua e tantomeno calda. Non hanno il bagno e gli abbiamo costruito in ospedale bagni con tazze che non hanno usato prima
I letti sono sporchi, i materassi pure, le coperte sono le stesse, si cambiano le lenzuola, ma mai abbastanza per poter evitare sovrainfezioni abbiamo comprato teli di plastica per fare pannolini con stoffa dentro, per evitare che feci e urine colino dall’alto al pavimento ho visto mamme raccolte col bambino dormire in lettini o aspettare pazientemente su sedie e nelle pulizie (mai troppe delle stanze) per terra con un seno lungo che acquieta un bimbo pieno di mosche, rassegnato a essere diverso da noi.
Ma è diverso davvero?
Ma presto si tornerà a casa e si potrà dimenticare
Comincerà un altro giorno, un sole caldo scaccerà questi sogni/incubi lasceremo questo viaggio in una memoria che piano piano annebbierà la realtà, farà dissolvere il dolore (degli altri) e lascerà tranquilla la nostra coscienza e la nostra mente.
Ritorniamo al nostro anno, al nostro orario
Alle nostre abitudini
Può essere pericoloso lasciarsi prendere.