Sululta, 2700 m di altitudine, 7.30 del mattino di una limpida domenica di febbraio. Il sole ancora non è caldo e il vento sferza la faccia, libero di correre sul grande prato pianeggiante circondato dagli eucalipti, altrimenti visitato da greggi di pecore. Un po’ alla volta, incappucciati, si radunano i partecipanti alla gara di corsa: sei chilometri le ragazze, sette chilometri e mezzo i ragazzi. È una banda silenziosa, un po’ scherzosa, a tratti reticente. C’è chi si accuccia per non sentire il freddo, chi comincia lentamente il riscaldamento, chi si avvicina ad altri per scambiarsi informazioni.
Qualcuno porta a mano un gazebo sollevandolo ai lati.
…La scritta START dipinta a mano su uno striscione di tela ocra che svolazza appeso ad una corda tra due pali. …La pista segnata con gesso o farina lungo il grande prato.
Arrivano gli organizzatori: due bianchi con un grosso fuoristrada.
Alle 9 le ragazze vengono chiamate a raccolta. Qualcuna si cambia ai bordi del campo, una cinquantina di ragazze si riunisce dietro la linea di partenza. Ed ecco il via! Dai bordi della pista vediamo sfilare davanti ai nostri occhi gli abbigliamenti più improvvisati: magliette con lustrini, tute di ciniglia, calzoncini di raso sfilacciati, scarpe di rete bucate, qualche rara maglietta sportiva, camicie o dolcevita indossate sotto canottiere. E poi gambe sottili, leve flessuose, falcate da gazzella. Pochissimo grasso, anche poco muscolo, ma tanta, tanta eleganza! Sei chilometri in 15 minuti, molta fatica, sudore vero. Alla fine visi sofferenti dallo sforzo ma sorridenti, umili, ragazze silenziose, quasi timorose nella loro prestanza naturale.
Un po’ più professionali i maschi, sia come tipo di riscaldamento, che come abbigliamento, più vanitosi, più spavaldi. Partono in un centinaio e il gruppo di testa fa ricordare gli anelli olimpici. Uno corre scalzo, non sente nulla dell’altopiano sotto i suoi piedi: sembra volare. All’arrivo tutti schiacciano il bottoncino del cronometro del proprio orologio. Qualcuno ha un orologio all’apparenza serio, un altro ne ha uno con le fibbie rosa e il disegno di Topolino. 20 minuti per sette km e mezzo! Ma non c’è competitività, non c’è aggressività, volano anche le battute e le risate di simpatia verso i due partecipanti stranieri che vengono doppiati un paio di volte.
Alla fine le premiazioni, senza podio, sul prato. Il premio per i primi cinque uomini e tre donne è in denaro. Buona cosa! Ma ecco che qualcosa stride nella ‘cerimonia’ di premiazione. Quinto classificato: premio di 50 birr: due euro, giusto quel che serve per fare colazione. E così via: il primo vince 300 birr, dodici euro, e un paio di scarpe da ginnastica usate…
Tutti sono un po’ attoniti e qualcuno si sente offeso ma … durerà un attimo; ricominceranno a sorridere subito e dopo un po’ di disprezzo la scena imbarazzante diventerà uno dei tanti aneddoti divertenti con cui prendere in giro i ferengi, da raccontare per scompisciarsi dalle risate nelle pigre domeniche tra amici.
Chiara Lonardi